domenica 29 ottobre 2017

L'alunna straniera

















La campanella era appena suonata, entrambe erano rimaste in piedi a parlare, appoggiate al muro del lungo corridoio, per tutta la durata della ricreazione.
La professoressa, mentre ascoltava la ragazza, pensava che erano pochi gli alunni che riuscivano a parlare con gli insegnanti ma quando lo facevano spesso si trattava di problemi familiari; a volte i genitori si stavano separando o uno di loro aveva una grave malattia o qualcuno in famiglia aveva avuto un incidente; altre volte erano problemi legati al disaggio adolescenziale, ricordava una ragazza che voleva scappare con il fidanzato, un'altra voleva lasciare la scuola per andare a lavorare in un bar. Le erano capitate alcune studentesse che stavano lottando con l'anoressia, altri con l'ansia e gli attacchi di panico, la maggior parte aveva bisogno di prendere pillole non solo per dormire ma soprattutto per riuscire a vivere. Quella mattina, l'alunna le disse:
- Riconosco che i miei problemi sono di natura psicologica, forse sono troppo sensibile, ma ho ingoiato tanta amarezza durante le scuole medie che adesso alle superiori non ce la faccio più. In classe mi sento quasi sempre inadeguata a volte trasparente. Anche se parlo perfettamente l'italiano alcuni professori m'ignorano quando esprimo la mia opinione nei dibattiti in classe e molti dei miei compagni non mi ascoltano nemmeno.
- Pensa in positivo. La maggior parte dei docenti ti apprezziamo e anche alcune ragazze della classe sono legate a te. Disse Flora.
- Si, siamo le più sfigate della classe, ma ormai sono abituata a essere esclusa, ma c'è anche un'altra cosa che mi angoscia.
 La professoressa cercò di mettersi nei suoi panni e capi che quella ragazza più che depressa era esausta, per le ore amare passate a riflettere su come poteva cancellare o al meno migliorare la sua condizione svantaggiata. Non si trattava solo di una crisi legata all'età, ma soprattutto causata dal comportamento di tutta la società.
La professoressa alcune volte soffriva pensando che, nonostante nelle scuole ci fossero progetti di inclusione e molti professori e studenti facessero di tutto per eliminare o almeno diminuire la diversità, le piccole cose, come le incombenze burocratiche, non aiutavano sempre i ragazzi stranieri: per esempio quando si andava all'estero, per viaggi di istruzione o scambi, gli studenti extracomunitari spesso non potevano partecipare perché le loro famiglie non avevano i mezzi e quando ci riuscivano avevano difficoltà ad ottenere i documenti per lo espatrio.
Quella mattina la studentessa a un certo punto cominciò a piangere disperatamente, mentre  diceva:
- Ogni giorno faccio fatica ad alzarmi, mi guardo allo specchio e non mi riconosco, sento apatica verso quello che una volta mi piaceva. Non posso levarmi dalla testa il mio futuro incerto. Lo sa professoressa, che la mia famiglia sette anni fa è scappata dall'Ucraina in cerca di lavoro? Adesso mio padre ha perso il posto nel cantiere edile, abbiamo appena i mezzi per sopravvivere. Io non so come dire loro che vorrei continuare gli studi, ma sono cosciente che per me l'Università è un miraggio. Non so come fare.
- Non tutto finisce con gli studi universitari, ci sono altri percorsi. Ti invierò l'elenco dei corsi post-diploma, dove potresti iscriverti il prossimo anno. Le tasse sono piuttosto basse, questi studi ti daranno crediti universitari, una buona formazione e anche un po' di tempo per fare qualche lezione privata o altro lavoretto. Tu hai molta pazienza e sei brava in tutte le materie, potresti aiutare dei ragazzi che hanno difficoltà a scuola. Le rispose Flora.
- Grazie mille, per avermi ascoltata e cercato di aiutarmi, disse la ragazza, mentre si asciugava le lacrime e si disponeva a rientrare in classe.

Il pomeriggio  la professoressa scrisse una mail alla sua alunna.

Cara Iryna:
grazie per avermi fatto partecipe dei tuoi problemi. Anch'io sono straniera, come te e anche per me i primi tempi in Toscana sono stati duri, lunghe code in questura per il permesso di soggiorno, professori universitari che non si sforzavano neanche un po' di aiutare i pochi stranieri che frequentavamo le loro lezioni, persone diffidenti, ma dopo qualche anno il mio paese d'origine è entrato a far parte della comunità europea e le cose sono cambiate.
Ho avuto anche io come te dei brutti momenti, quello più triste è stato quando a trenta anni, è morto il mio primo figlio, nove giorni dopo la sua nascita.
Il mio bambino aveva nelle cellule quarantasette cromosomi, uno in più della norma, chi sa perché. Dopo la sua morte pensavo di essere una donna sfortunata e temevo altri fallimenti, ma il mio compagno mi è stato molto vicino e poi una mattina mi è arrivato un telegramma, nel quale mi si comunicava che ero vincitrice di concorso per l'insegnamento nelle scuole superiori.
Ho vinto una cattedra a Grosseto. Ho dovuto trasferirmi, lasciare mio marito a Firenze, trovare un appartamento e andare a viverci da sola. Ho cominciato da capo la mia vita, conosciuto altre persone, fatte nuove amicizie e piano piano ho iniziato a superare la morte di mio figlio.
A volte la vita ci regala delle belle sorprese, che ci fanno capire che nonostante gli ostacoli, possiamo farcela e realizzare i nostri sogni.
Ti allego l'elenco delle scuole di cui ti ho parlato questa mattina.
Ti auguro tutto il bene del mondo
Un abbraccio

Dopo una settimana, Iryna rispose alla professoressa ringraziandola e dicendole che aveva deciso di farsi aiutare dalla psicologa della scuola.
Finirono l'anno scolastico e gli esami di Maturità. L'insegnante non seppe più niente della ragazza straniera. Tuttavia, alla fine dell'estate ricevetti una mail di Iryna che diceva:

Cara Professoressa:
Le scrivo per condividere con lei una gioia immensa. Ho provato a fare il test per la Scuola di Moda, e oggi ho avuto la risposta: superato, e anche discretamente visto che sono arrivata ottava. Ebbene si, questo sogno inizia ad avverarsi e parte del merito va a lei perché mi ci ha indirizzata.
Un abbraccio.

Mentre la professoressa leggeva la mail di Iryna pensava alle parole sagge di uno scrittore israeliano che aveva appena letto: tutti gli esseri umani sono padroni delle proprie scelte, ma la chiave per una vita decente e saper ascoltare l'altro ed essere capace di vedere il mondo e se stessi con gli occhi altrui.









sabato 7 ottobre 2017

Domenica mattina - Domingo por la mañana - Diumenge al matì











Ho deciso di andare a trovare Monica, una amica che da diverse settimane non vuole più alzarsi dal letto. Non è malata, ma è stanca di fare la vita di sempre, mi dice al telefono ogni volta che la chiamo. Ha preso a suo servizio una ragazza dell'Europa dell'est, la quale le fa la spesa, cucina, pulisce l'appartamento e si occupa delle bollette e di ogni incombenza. L'aria della stanza di Monica è sempre limpida e profumata.
Monica mi dice che è felice di aver scelto questa vita da quando è rimasta da sola. Dal letto può vedere la folta vegetazione attraverso la porta finestra che si affaccia sul giardino. Sente anche il canto degli uccellini ogni mattina. Le piace leggere ed essere servita dalla ragazza dell'est; alle nove arriva con una teiera fumante e delle fette biscottate con marmellata di more, dopo, all'una in punto, le porta un vassoio con un piatto di pasta o riso e un contorno di verdure, spesso fanno insieme merenda prendendo una tazza di tè o camomilla e un paio di biscottini. La sera la cena è molto frugale, perché Monica vuole dedicare tutta la serata ad ascoltare la radio. Prima di coricarsi, la ragazza le porta una tisana e la borsa d'acqua calda.
Monica mi riceve con allegria, anche se è un po' raffreddata, non vuole chiudere del tutto la finestra, nonostante la fredda giornata, preferisce avvolgersi al collo una sciarpa e mettersi uno sciale di lana sulle spalle.
Mi dice quasi rinproverandomi che la prima cosa che dovrei fare sarebbe sposarmi. Io penso che la mia amica ha perso la ragione e le rispondo:
- Ma cosa dici Monica, io sono sposata da tanti anni.
Ma lei non ne vuole sapere e mi ripete che una donna giovane senza amore non può essere felice. Mi da tanti consigli, come se fossi sua figlia, vuole che trovi un  compagno a tutti costi.
- Io non sono giovane, cosa stai dicendo Monica?
Lei continua a non ascoltarmi, io smarrita mi guardo intorno e poi come se fossi fuggita da quella stanza mi guardo dal di fuori e mi vedo seduta accanto alla mia amica Monica, lei è invecchiata, ma io ho circa una trentina d'anni. Non può essere, entrambe abbiamo la stessa età, siamo crescite nello stesso paese e andate alla scuola elementare insieme. C'è qualcosa che non mi torna. Lei è stata sempre saggia, forse sono io quella che si sbaglia? Cosa è successo? Perché non ho sposato lui? Sono io o sono un'altra persona? Mi trovo in una vita del passato parallela a quella che credevo fosse la mia? Comincio ad agitarmi, non capisco più niente. Apro gli occhi e vedo il soffitto della mia stanza, sono sdraiata sul lettone matrimoniale, quello di sempre; accanto a me lui dorme placidamente. Dopo pochi minuti suona la sveglia e con una voce ancora assonnata mi dice:
- Mi alzo prima io e preparo la colazione, ho fissato alle nove con i miei amici per andare in bici?
Rimango a letto, lo strano sogno mi ritorna in mente e lentamente comincio ad apprezzare due cose de la mia vita che davo per scontate:
- Ho vissuto piú di sessanta anni e non sono da sola! mi dico ad alta voce.
Mi alzo, lui sta uscendo di casa vestito da ciclista, mi saluta. Vedo la tavola apparecchiata. Verso le dieci e mezza faccio una doccia calda e poi con l'accappatoio ancora addosso mi infilo di nuovo sotto le coperte. Prima ripenso alle piccole cose che ho fatto quella mattina: la colazione lenta, la lettura  del giornale del giorno prima, la pulizia del bagno, il sugo per il  pranzo; poi sento la necessità di prendere un quaderno  e  riportare quel sogno bizzarro.
Guardo verso  la finestra aperta e sento le campane della vicina chiesa che annunciano la messa delle undici, allora ripenso a Monica e alla lettera che le  scriverò.


Domingo por la mañana
Decidí ir a ver a Mónica, una amiga quien hace varias semanas que no quiere levantarse de la cama. No está enferma, pero está cansada de la vida que lleva, me lo dice por teléfono cada vez que la llamo. Se hace cargo de ella y de la casa una chica de Europa del este, quien  se ocupa de la compra, le prepara la comida, limpia el piso y se encarga de facturas y demás cosas del hogar. El aire de la habitación de Mónica siempre huele a limpio y despide fragancia.
Mónica me dice que está contenta de haber elegido esa vida al quedarse sola. Desde la cama puede ver la tupida vegetación a través del ventanal con vistas al jardín. También  cada mañana oye el canto de los pajaritos. Le encanta leer y ser servida por la asistenta; a las nueve llega con una tetera humeante y bizcochos con mermelada de mora, más tarde, a la una en punto, con una bandeja le trae un plato de pasta o arroz y una guarnición de verduras, a menudo meriendan juntas tomando una taza de té o de manzanilla y un par de galletas. Por la noche la cena es muy frugal, porque Mónica quiere pasar toda la velada escuchando la radio. Antes de acostarse, la chica le  prepara una infusión de hierbas y la bolsa de agua caliente.
Mónica me recibe con alegría, a pesar de que haga un poco de frío, no quiere cerrar totalmente la ventana, prefiere ponerse una bufanda alrededor del cuello y un chal de lana en la espalda. Me reprocha que no tenga compañero y luego casi riñéndome añade que lo primero que debo hacer es casarme. Yo le replico:
- ¿Pero qué dices Mónica, has perdido la razón? Hace años que estoy casada.
Sin embargo ella no quiere saber nada y me repite que una mujer joven sola no puede ser feliz. Me da muchos consejos, como si fuera su hija, quiere que tenga una pareja a toda costa.
- Yo ya no soy joven, ¿Qué estás diciendo Mónica?
Sigue sin escucharme, yo miro a mi alrededor, y luego, como si hubiera salido de aquella habitación me veo desde fuera, sentada al lado de mi amiga Mónica, ella ha envejecido, pero yo soy más joven, quizás tenga unos treinta años. No puede ser, ambas tenemos la misma edad, crecimos en el mismo pueblo y fuimos juntos a la escuela primaria. Hay algo que no me acaba de convencer. Ella siempre ha sido una mujer sensata, tal vez yo  sea la que se está equivocando? ¿Qué ocurrió? ¿Por qué no me casé con él? ¿Soy yo o soy otra persona? ¿Me encuentro en el pasado en  otra vida paralela a la que creía mía? Empiezo a temblar, ya no entiendo nada. Abro los ojos y veo el techo de mi cuarto, estoy echada en la cama matrimonial, la de siempre; a mi lado duerme él tranquilamente. Después de unos minutos suena la alarma del despertador y con una voz todavía soñolienta él me dice:
- Me levanto enseguida y preparo el desayuno, pues he quedado a las nueve con mis amigos para ir en bicicleta.
Me quedo en la cama, vuelvo a pensar en ese sueño tan raro y poco a poco comienzo a apreciar algunas cosas de mi vida que daba por descontado:
-  He vivido más de sesenta años y no estoy sola!  Lo digo en voz alta.
Me levanto, él con la ropa de ciclismo sale de casa y me saluda. Veo la mesa puesta.  Hacia las diez y media  me ducho, luego con el albornoz todavía puesto vuelo a entrar en la cama. Primero pienso en las pequeñas cosas que he ido haciendo esa mañana: desayuno lento, lectura del periódico el día anterior, limpieza del cuarto baño, el guiso para el almuerzo; luego siento la necesidad de tomar un cuaderno para apuntar ese sueño disparatado.
Miro hacia la ventana abierta y oigo las campanas de la iglesia cercana anunciando la misa de once, entones vuelvo a pensar en Mónica y en la carta que le voy a escribir.


Diumenge al matí

Vaig decidir anar a veure a la Mònica, una amiga meva  que fa unes setmanes que no vol aixecar-se del llit. No està malalta, però està cansada de la vida que porta, m'ho diu per telèfon cada vegada que la truco. Es fa càrrec d'ella i de la casa una noia d'Europa de l'est, va a comprar, li prepara el menjar, neteja el pis i s'encarrega de pagar les factures i de tot el que sigui necessari. L'aire de l'habitació de la Mònica sempre fa olor de net i desprèn fragància.

La Mònica em diu que està contenta d'haver triat aquesta vida des de que es va quedar sola. Des del llit pot veure la vegetaciò atepeida a través del finestral amb vistes al jardí. També cada matí escolta els ocells que canten. Li encanta llegir i ser servida per l'assistenta; a les nou arriba amb una tetera fumejant i melindros amb melmelada de mora, més tard, amb una safata li porta un plat de pasta o arròs i una guarnició de verdures, sovint berenen juntes prenent una tassa de te o de camamilla i un parell de galetes. A la nit el sopar és molt frugal, perquè la Mònica vol passar tota la vetllada escoltant la ràdio. Abans d'anar a dormir, la noia li porta una xicra d'herbes i la bossa d'aigua calenta.

La Mònica em rep amb alegria, tot i que faci una mica de fred, no vol tancar totalment la finestra, prefereix posar-se una bufanda al voltant del coll i un xal de llana a l'esquena. Em diu quasi renyant-me que el primer que he de fer és casar-me. Jo li replico:
- Però què dius Mònica, has perdut el seny? Fa anys que estic casada.
No obstant això ella no vol saber res i em repeteix que una dona jove sola no pot ser feliç. Em don molts consells, com si  jo fos la seva filla, vol que tingui una parella sigui com sigui.

- Jo no sóc  jove. Què estàs dient Mònica?

Segueix sense escoltar-me, jo miro al meu voltant, i després, com si hagués sortit d'aquella habitació em veig des de fora, asseguda al costat de la meva amiga Mònica, ella ha envellit, però jo sóc més jove, potser tingui uns trenta anys. No pot ser, totes dues tenim la mateixa edat, vam créixer al mateix poble i vam anar juntes a l'escola primària. Hi ha alguna cosa que no m'acaba de convèncer. Ella sempre ha sigut una dona assenyada, potser jo sóc la que s'està equivocant? Què va passar? Per què no em vaig casar amb ell? Sóc jo o sóc una altra persona? Em trobo en una vida passada paral·lela a la meva? Començo a tremolar, ja no entenc res. Obro els ulls i veig el sostre del meu quarto, estic jaguda al llit matrimonial, el de sempre; al meu costat ell dorm tranquil·lament. Després d'uns minuts toca l'alarma del despertador, i amb una veu encara somnolenta ell em diu:

- Em llevo de seguida i preparo l'esmorzar, ja que he quedat a les nou amb els meus amics per anar a donar un vol amb bicicleta.

Em quedo al llit, torno a pensar en el somni tan estrany i poc a poc començo a apreciar algunes coses de la meva vida que donava per descomptat:

-  He viscut més seixanta anys i no estic sola! Dic en veu alta.

Em llevo, ell s'ha posat la roba de ciclisme, surt de casa i em saluda. Veig la taula parada. Després d'una dutxa calenta, amb el barnús encara posat, torno al llit. Primer penso en les petites coses que he anat fent aquell matí: esmorzar lentament, llegir el diari del dia anterior, netejar del cuarto de bany, preparar el guisat per el dinar; després sento el desig de prendre un quadern per apuntar  aquell somni estrany.

Miro cap a la finestra oberta i sento les campanes de l'església propera anunciant la missa d'onze, aleshores torno a pensar en la Mónica i en la carta que li escriuré.