domenica 20 marzo 2016

Le sette piaghe












La prima cosa storta che è capitata, a qualche giorno della partenza, è stata la rinuncia di un docente, poi di un altro e di un altro ancora, ad accompagnare gli studenti di quinta in gita; chi per un piccolo intervento chirurgico, chi per motivi di studio o di famiglia; quindi il vicepreside che era, sia l'ideatore che l'organizzatore e naturalmente il capo gruppo del viaggio, ha dovuto cercare disperatamente altre tre persone disponibili.
Alla fine sono stata coinvolta, insieme a due altre professoresse, una di francese e l'altra di inglese.
Il caso ha voluto che la nostra nuova Preside fosse arrivata esattamente due giorni prima della partenza del famigerato viaggio; l'urgenza di certe pratiche burocratiche  è la necessità della sua presenza hanno fatto  sì che il vicepreside fosse costretto a rimanere a scuola accanto alla nuova Preside. Miracolosamente all'ultimo momento una docente di Diritto, appena arrivata dalla Sicilia, ha accettato l'incarico di sostituire il vicepreside.
Ma il  secondo  imprevisto non si è fatta attendere a lungo: La mattina all'alba mentre eravamo in procinto di partire, si è presentata una pattuglia della polizia stradale per eseguire dei controlli sul nostro autobus. Mancando un documento dell'autista abbiamo dovuto aspettare quasi due ore, prima che il motore potesse essere messo in moto.
La terza  disaventura è arrivata quella  sera, dopo cena sono inciampata nella gamba di un tavolo di una antica birreria di Monaco di Baviera. Sono caduta nel mezzo di una grande sala, nel alzarmi i miei occhi hanno visto solo enormi boccali di birra. Ma il fato ha giocato dalla mia parte, perché dopo poco mi è spuntato fuori un gran livido nel sedere, senza altre conseguenze.
La ricca colazione tedesca ci ha rinfrancati dalla grigia e fredda giornata che nasceva mentre guardavo dalla finestra di un albergo di periferia. La tavola imbandita con ogni ben di Dio ci ha rimessi al mondo: chi si è abbuffato con le uova strapazzate, chi con salami e formaggi, chi con marmellate casalinghe e pane appena sfornato.
Ma appena saliti sul  bus la malasorte si stava abbattendola quarta volta su di noi: La pioggia ha cominciato a cadere piano, piano, ma a un certo punto è diventata nevischio e poi  fitti fiocchi di neve. L'autista ha dovuto rallentare perché un manto bianco ha coperto rapidamente la carreggiata. Lo vedevamo concentrato nella guida, poi più tardi ci ha detto che a un certo punto era preoccupato e voleva fermarsi per mettere le catene, ma come per miracolo ben presto  ci siamo lasciati  la bufera alle spalle. Mentre il pullman percorreva le lande innevate la scolaresca si è fatta cullare da un film, trasmesso da uno schermo posto in alto nella parte anteriore del veicolo,  era un thriller americano ambientato in un isola dove erano rinchiusi malati di mente.
A un certo punto la quinta  calamità si è fatta sentire, attraverso le parole di una studentessa, la quale ha detto quasi urlando:
- C'è stato un attentato terroristico a Berlino, mi è arrivato proprio adesso un messaggio.
Berlino era la città dove ci stavamo incamminando. Abbiamo purtroppo verificato l'autenticità della notizia su Internet. Il film continuava a scorrere ma nessuno lo guardava più. Abbiamo deciso di fermarsi nell'area di servizio più vicina, per decidere il daffare: tornare indietro e rientrare a casa o arrivare a Berlino, catapultarsi in albergo e non uscire per nessuna ragione al mondo, fino che la situazione non fosse più chiara? Abbiamo optato per proseguire il viaggio e per fortuna dopo qualche ora l'allarme è rientrato.
Finalmente a Berlino abbiamo cominciato a rilassarci, senza immaginare che altre  calamità stavano per arrivare. La mattina dopo non siamo riusciti ad entrare al Pergamon Museum, perché non eravamo muniti di prenotazione. I custodi ci hanno trattato malamente, ma non ci siamo persi d'animo, abbiamo rimediato andando la Neues Museum, dove avremmo potuto ammirare il bellissimo busto di Nefertiti. Mentre ci preparavamo per lasciare le nostre cose nel guardaroba, la sesta sfortuna si è puntualmente presentata:  Ad un' allieva è caduto su un piede un porta-dépliant di legno massiccio, piuttosto pesante. Tutto il giorno abbiamo  armeggiato con borse di ghiaccio, sedia a rotelle e arnica, per cercare di sollevare il dolore che sentiva la povera ragazza. La sera aveva il piede gonfio come un piccolo palloncino. Un grosso ematoma aveva colorato gran parte del piede di viola, ma eravamo sollevati perché lo muoveva bene. Sembrava che le cose si stessero sistemando, nonostante la cena fosse stata piuttosto scadente, eravamo tutti di buon umore. Ma l'allegria è durata ben poco perché la settima avversità stava per arrivare. Appena finita l'ultima portata una studentessa si è avvicinata al tavolo dei docenti e con un filo di voce mi ha detto:
- Professoressa vado a letto, ho la nausea e un forte mal di testa.
La mattina dopo aveva la febbre alta, ma non potevamo darle nessun rimedio, perché la ragazza si era sempre curata attraverso la medicina omeopatica. È' stato uno strazio vederla quasi delirante,  rannicchiata tra due sedili del pullman, mentre ci dirigevamo  verso Monaco.
All'imbrunire, temendo di doverla portare in ospedale, abbiamo ottenuto dalla madre l'autorizzazione a somministrarle un antipiretico per abbassare la febbre.
Abbiamo fatto bene a insistere, dato che dopo averle dato soltanto mezza compressa, la febbre ha cominciata a scendere.
La mattina dell'ultimo giorno, durante la visita a Potsdam sono rimasta in autobus con la ragazza influenzata, mentre il resto del gruppo aspettava nei giardini  nell'attesa di poter entrare nel Palazzo. Nel piazzale, non eravamo da soli, c'erano altre scolaresche e arrivavano in continuazione  nuovi autobus. Ho preso un libro e mi sono mesa a leggere mentre la malata dormiva. A un certo punto ho guardato dal finestrino e ho visto il nostro autista che stava pulendo con molta cura i vetri, ma non solo lui, tutti gli autisti lustravano con calma i loro mezzi. Ognuno muoveva con lentezza la propria spazzola, prima bagnata nel secchio d'acqua e poi passata sui vetri. Sembrava la danza di tergi cristalli.
Dopo un pranzo frugale ci siamo messi in viaggio, ma fino a che non siamo arrivati a destinazione tutti abbiamo incrociato le dita e ci siamo intensamente augurati che l'influenza virulenta, che si stava diffondendo tra i nostri alunni,  fosse stata veramente l'ultimo  malanno di quella gita, che nonostante tutti quei guai, avrei ricordato con piacere. Perché ogni uno dei membri del gruppo aveva  cercato, di collaborare e di aiutare a risolvere gli imprevisti, senza mai cadere nello sconforto e anche perché avevamo trascorso insieme delle giornate con non poche risate.





domenica 6 marzo 2016

Cara Preside













 Cara Preside:

Grazie per la sua bella lettera di saluto che ci ha fatto arrivare ieri. Le auguro tutto il bene del mondo nel suo nuovo incarico di lavoro e nella vita.
Venerdì è stata una  festa de despedida indimenticabile per me; le belle parole, nate nella sala degli Affreschi della nostra scuola, sono state le vere protagoniste della serata, quelle commoventi e sincere dei ragazzi, le terzine ironiche e affettuose di noi professori, le rime piene di stima e di simpatia del personale non docente e infine le sue. Di queste me ne ricordo in particolare alcune:
- Il nostro Istituto  è  formato da un insieme di persone che  cercano, ognuno con le proprie diversità, di collaborare per riuscire a portate a termine  un insegnamento migliore.
Mentre ascoltavo la sua voce  mi è venuto in mente uno dei primi  racconti che ho scritto, la paellera. Ho  pensato che quando a casa lavoro, a volte con piacere, a volte con fatica, per le lezioni del giorno dopo, è come quando preparo una paella:  è un  rituale solitario, ma poi so che ci sarà una bella cena con amici. 
 In questi dieci anni che ho lavorato nella nostra scuola, spesso  ho sentito che c'era una condivisione di idee con gli alunni, con i colleghi e con lei, proprio come in una cena entre amigos

Un abbraccio