martedì 15 settembre 2015

Cuocopesce










Siamo arrivati alla stazione di notte. A quell'ora passavano pochi autobus, quindi abbiamo deciso di andare a casa a piedi. Nonostante l'aria fosse ancora piacevole e non troppo fredda, le strade erano quasi deserte,  si sentiva ogni tanto solo il passo di qualche raro viandante. Erano gli ultimi giorni di settembre e la città stava cominciando a riprendersi, dallo schiamazzo notturno dei mesi estivi. Il silenzio delle vie era spezzato dal rumore delle ruote delle nostre valige.
Prima di arrivare in piazza  San Giovanni, alla fine di Via Cerretani, abbiamo incontrato una coppia di amici. Ci siamo fermati qualche minuto a parlare con loro; lei non ha detto quasi niente, ascoltava il marito col sorriso sulla bocca; lui ci ha raccontato che tutte le sere, a mezzanotte in punto, andava a fare una lunga passeggiata per le viuzze della città, perché purtroppo soffriva di insonnia.
Ogni tanto la moglie, che era una  brava  scultrice cinese, un po' più   giovane di lui, si offriva ad accompagnarlo.
Lui era andato in pensione da poco, aveva lavorato tanti anni come architetto in uno studio affermato, ma a un certo punto, dopo il divorzio dalla sua seconda moglie, aveva deciso di lasciare la professione per dedicarsi al disegno artistico. Aveva conosciuto la ragazza cinese attraverso  uno scambio culturale, dopo poco lei si era trasferita nella nostra città e  si erano sposati.
La mattina si alzava tardi e dopo una lunga colazione  andava a fare la spesa e metteva a posto il loro appartamento, non lontano da Piazza della Signoria; alcune volte disegnava le bozze di alcuni pezzi, che poi lei riproduceva. Dopo un pranzo frugale e un  piccolo riposino, si preparava l'itinerario per la sua passeggiata notturna. Sceglieva con cura i libri e gli autori che parlavano della storia degli edifici e monumenti che avrebbe trovato lungo il suo percorso. Si sedeva sempre in una poltrona con vista sui tetti e cominciava a leggere, di solito con un sottofondo di musica jazz.
Alle sette preparava per entrambi un aperitivo a base di  frutta e un po' di liquore, per poi ritornare nella sua poltrona.
Verso le otto cominciava a pensare alla cena. Era un po' maniacale nel pulire il pesce o le verdure, ma questo lavoro manuale, ci diceva, lo fortificava e lo faceva stare bene.
La sua passione erano i piatti di pesce elaborati, quindi piuttosto lunghi da cucinare. Più impegnativi erano, più si divertiva.
La moglie, si vedeva, era contenta e orgogliosa del marito cuocopesce, così lo chiamava col suo buffo accento orientale.
Abbiamo salutato quella coppia bizzarra e abbiamo continuato per la nostra  strada facendo scivolare  sul selciato le nostre valige.
Appena attraversata la piazza, abbiamo bordeggiato la cattedrale e subito mi è apparsa lei. Ho sentito un tuffo al cuore, come la prima volta. Mi succede sempre quando mi allontano da lei per diversi giorni.
La prima volta che la vidi, ero appena arrivata a Firenze. Era venuto a prendermi alla stazione con  una cinquecento bianca, U., il ragazzo toscano, che avevo conosciuto un mese prima a Barcelona. Il treno aveva accumulato più di due ore di ritardo, era pomeriggio inoltrato, data la stagione invernale era già calata la notte da un bel po'. U. aveva parcheggiato la sua utilitaria  di fronte all'entrata principale della stazione ferroviaria.
Ricordo che quando scesi dal treno, non lo vidi subito, ma appena ci incontrammo, il nostro intenso abbraccio e il lungo bacio, mi fecero andare tutto il sangue nella la testa.
Mentre uscivamo dalla stazione, mi disse che prima di andare verso il suo appartamento, che condivideva con altri studenti, voleva a tutti costi portarmi a vedere una  cosa bella.
Non ero mai salita su una macchina così piccola. Appena seduta accanto a lui,  chiusi gli occhi un attimo per  scacciare via l'enorme stanchezza che avevo, dopo quel viaggio lungo quasi ventiquattro ore.
Lo guardai mentre era concentrato nel mettere in moto il motore, mi fece tenerezza il fatto che si fosse coperto la testa e i folti capelli neri, con un cappellino di lana.
Mi tornò in mente una delle prime cose che  lui mi  aveva raccontato, seduti in un caffè della Plaça Catalunya de Barcelona.
- Sicuramente qualcuno dei  miei antenati era etrusco. Non ci credi?
Guarda bene il mio profilo. Ecco il mio bel naso. Mi ripeteva.
Io lo guardavo e ridevo.
Mi sentivo come dentro a un sogno, seduta accanto a lui; quando ha cominciato a guidare, mi volevo lasciare andare, ma ero un po' tesa, dentro di me ero intimorita e mi sentivo in colpa, forse perché avevo vent'anni, avevo detto una bugia ai miei per poter partire e conoscevo appena quel ragazzo accanto a me.
Mi ricordo che è sparito ogni malessere in me  quando l' ho vista emergere dalla  piazza. Mentre la cinquecento passava vicino, vicino all'abside della cattedrale,  sentivo che entrava dentro di me la bellezza di quella cupola  ed allora ho capito che ero innamorata di quel ragazzo e di quella  città.
- Ti ricordi il primo giorno in cui arrivai a Firenze e tu mi hai portato a fare un giro in  macchina? Ho chiesto a mio marito.
- Mi ricordo bene del tuo stupore e della tua felicità nello scoprire il Battistero, il Campanile di Giotto, il Duomo e infine la cupola del Brunelleschi. Disse lui sorridendo.
Entrambi ci siamo fermati  dietro il  Duomo a contemplare l'abside, per ennesima volta; dopo un  po' abbiamo voltato per via del Proconsolo. Mentre ascoltavo il rumore dei nostri passi e delle ruote delle  valigie, ho pensato che nonostante i tanti anni trascorsi da quella prima volta, sempre mi stupiva e rallegrava, la visione della cupola. Voltando per Via Ghibellina, ho respirato  a fondo, come se volessi godere gli ultimi istanti di quella notte piena di incontri, allora ho ripensato a cuocopesce e mi sono detta che l'indomani gli avrei chiesto una delle sue nuove ricette. 






 

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