sabato 28 luglio 2012

La depiladora - L'estetista













Passava pel carrer de Mar, que era el carrer principal del meu poble, quan era petita per anar a la escola. Molt sovint em parava davant de l'aparador de la confiteria mes antiga de la comarca i de tant en tant veia les mans de l'Alicia que agafaven o posaven amb delicadesa els dolços, però les fines cortines blanques no em deixaven veure el seu cos.
Alicia era una noia alegre i amable,  al voltant de tots aquells pastissos, semblava que havia nascut per fer mes dolça la vida dels habitants del poble. Per mi l'Alicia era una persona especial, cada diumenge al matì, jo anava a la confiteria, sempre deixava passar a les senyores que tenien pressa, perque aixì em podria despaxar ella i no les altres dependentes.
Els pastissos que ella escullia eren per mi els millors. Els posava delicadament a les safates, agafava un full de paper fi i preparava una paquetet amb un gran llas verd. Tornan cap a casa caminava contenta i orgollosa amb la capsa magica, perquè sabia que tots estariam contets devant de la plata de pastes de l'Alicia.
Al cap de pocs anys, Don Ramón, el amo de l'antiga confiteria, va vendre la botiga a un banc. Aleshores la varen reduir i traslladar a un carrer del costat, pero al aparador de la nova pastissaria ja no es veien les mans de l'Alicia.
Don Ramón i la seva dona es varen veura obligats a travallar per un senyor de Barcelona que havia comprat el negoci.
L'Alicia va trovar feina en el petit salò de bellesa de la Pili, la depiladora. La dependenta de la vella confiteria no havia fet servir mai la cera calenta, pero les seves mans varen aprendre depressa a “pintar” dolçement la cera a les cames de les dones del poble.
Gracies al gran exit que varen tenir les mans de l'Alicia, a finals dels anys 60, la Pili va ampliar el salón de belleza i va exigir que tots li diessin Doña Pilar.
Recordo un dia, tenia uns 13 o 14 anys,  la meva mare i la meva germana gran corrian derrera meu al voltant de la taula de la cuina per fer-me la cera.
Jo tenia molta por, em semblava una barbaritat. La meva germana li tenia mania a tot el que fos un pel, amb aquell potet de cera calenta semblava un dimoniet. Mentre corria cridava que abans de deixar-me depilar per elles aniria al nou centre de bellesa del que havia sentit parlar tant.
L'endemà vaig arribar amb una mica de por. Les mans de l'Alicia   amb un pinzell varen  posar-me una mena de  mel perfumada a les  cames,  varen arrancacar molt decidides la cera,  varen apretar la zona delpilada perque no sentis dolor i finalment varen fer-me un massatge meravellòs amb oli natural em va fer dormir:
- Desperta, desperta, em deia dolçament l'Alicia.
Vaig obrir el ulls i vaig descubrir que tenia unes cames molt maques, eran tan fines que semblaven de seda.
Deian que Doña Pilar cada dia era mes envejosa. Les dones del poble començaven a preferir les mans de l' Alicia. Tenia tants  gelos que molt sovint, mentre la cera s'escalfava, entrava en el cuarto on Alicia treballava i la feia fora amb una excusa ben tonta,  dient-li:
 - Acabo yo la depilación.
Un dia sense cap motiu, Doña Pilar la va despedir, donant-li un bon finiquito. L'Alicia  es va posar molt trista, però al cap de poc va entendre que d'aquell gest absurt de Doña Pilar podia neixer le seva gran fortuna. Amb tots els diners estalviats va obrir la seva petita empresa d'estètica.
Ja sensa la por de la primera vegada, vaig començar a anar al centre estetic de l'Alicia, les seves mans em feian sentir cada vegada més bonica.
Als vint anys, quan em vaig traslladar de Catalunya a la Toscana, les meves cames van provar moltes ceres, pero no vaig trovar mai altres mans com les de l'Alicia. Encara ara, desprès de trenta anys, sempre que torno al meu poble, on el meu pare m'espera, vaig a depilar-me en el petit centre estètic de l'Alicia. Mentre estic estirada, segueixo el moviments de les seves mans i recordo l'aparador de la confiteria de Don Ramón. Si tanco els ulls  sento encara el perfum dels pastissos barrejat amb l'olor de mel de la cera.


L'estetista

Percorrevo Carrer del Mar, la via principale del paese, quando ero piccola, per andare a scuola. Spesso mi fermavo davanti alla vetrina della pasteleria1 più antica del luogo e ogni tanto mi capitava di vedere le mani di Alicia che prendevano o posavano con cura i vassoi dei pasticcini, il suo corpo però rimaneva nascosto dietro fini tendine bianche.
Alicia era una ragazza allegra e gentile, sembrava che fosse nata per addolcire, con quelle leccornie, gli abitanti del paese. Per me era una persona speciale e la domenica mattina, anche se a servire dietro il bancone c'erano diverse commesse, lasciavo passare le signore frettolose e aspettavo che fosse lei a servirmi.
I dolcetti scelti dalle sue mani erano per me i migliori. Li posava delicatamente su un vassoio, prendeva dallo scaffale un foglio di carta velina e preparava un bel pacchettino con un gran fiocco verde. Poi, fuori dal negozio, camminavo contenta e orgogliosa con in mano qualcosa di magico, perchè sapevo che quella domenica nessuno in famiglia sarebbe stato triste davanti al vassoio di Alicia.
Dopo qualche anno, Don Ramón, proprietario dello storico locale, vendette ad una banca, il negozio fu ridotto e trasferito su una via laterale ma nelle vetrine della nuova pasticceria non vidi più le mani di Alicia. Dicevano che l'avessero licenziata, a malincuore. Si mormorava anche che il negozio fosse fallito e che Don Ramón e sua moglie fossero stati costretti a lavorare per un signore di Barcellona che aveva rilevato l'attività.
Alicia trovò subito lavoro da Pili, la depiladora2. La commessa della vecchia pastelería non aveva mai usato la cera calda, ma le sue mani impararono subito a spennellare dolcemente la cera sulle gambe delle giovani donne del paese. Così, grazie al gran successo che le mani di Alicia avevano avuto, verso la fine degli anni '60, Pili ampliò il salone di bellezza e si fece chiamare Doña Pilar.
Ricordo il giorno, avrò avuto si e no quattordici anni, in cui mia madre e mia sorella maggiore mi rincorrevano intorno al tavolo di cucina per farmi la ceretta. Ne ero terrorizzata, mi sembrava una barbarie. Mia sorella era fissata con i peli, con quel pentolino di cera calda in mano mi sembrava assatanata. Mentre correvo, gridavo che piuttosto che farmi spellare in casa sarei andata al nuovo centro di bellezza di cui avevo sentito parlare.
L'indomani arrivai intimorita all'appuntamento. Le mani di Alicia, caramellavano con un miele profumato le mie gambe, strappavano con decisione la cera, premevano dolcemente le zone depilate per non farmi sentire dolore e, subito dopo, un bellissimo massaggio con olio naturale mi rilassò tanto che mi addormentai.
-Desperta, desperta3 , mi diceva dolcemente Alicia.
Ho aperto gli occhi e ho scoperto di avere delle belle gambe, al tatto erano così lisce che sembravano di seta.
Dicono che Doña Pilar diventasse ogni giorno più invidiosa. Le donne cominciavano a preferire le mani di Alicia. Era così risentita che spesso a metà seduta, mentre le cera si riscaldava, entrava nella stanza dove Alicia lavorava e l'allontanava con qualche pretesto, dicendole:
- Acabo yo la depilación!4.
Un giorno, senza alcun motivo, Doña Pilar le dette una cospicua buonuscita e la licenziò. Alicia ci rimase molto male, ma dopo poco tempo capì che forse dal gesto assurdo di Doña Pilar poteva nascere la sua grande fortuna e con i risparmi che aveva, aprì una propria attività di estetista.
Senza più il timore della prima volta, ho cominciato a frequentare il nuovo centro estetico di Alicia, le sue mani mi facevano sentire sempre più bella.
A vent'anni, quando dalla Catalogna mi sono trasferita in Toscana, le mie gambe hanno provato altre cerette, ma non ho più trovato altre mani come quelle di Alicia. Ancora oggi, dopo più di trent'anni, tutte le volte che torno al mio paese, dove mio padre novantenne mi aspetta, vado a farmi la ceretta da Alicia. Mentre sono sdraiata, seguo il movimento delle sue mani e ricordo la vetrina della pastelería di Don Ramón.  Nel chiudere gli occhi  sento ancora il profumo dolce dei pasticcini mescolato all'odore di miele della cera.
1 Pasticceria
2 Estetista
3 Sveglia, sveglia
4 Finisco io di depilare




venerdì 13 luglio 2012

La trattoria















Andiamo a cena fuori una di queste sere? abbiamo detto dopo la lezione di ginnastica.
Queste frasi si dicono, ma poi non sempre gli incontri si realizzano. Quella volta siamo andate davvero a mangiare insieme.
Ci conoscevamo da diversi mesi, ma al di fuori della palestra non c'eravamo mai incontrate.
In fondo alla bella sala affrescata dove venivano fatte le lezioni di corpo libero, appena l'insegnante finiva gli ultimi esercizi di rilassamento, ci ritrovavamo in cinque donne a parlare di libri, mariti, amanti, figli, cinema, genitori anziani, diete, ecc.
Ricordo un giorno in cui la più giovane di noi, mentre ci spogliavamo, ci diceva:
- Se lui non lascia la moglie lo pianto subito, gli do tempo fino a Pasqua. Cosa ne dite ragazze?
- Lascialo, abbiamo detto tutte in coro. Dopo poco siamo scoppiate in una gran risata.
Lei, aperta e generosa, e' perennemente innamorata di uomini complicati. E' un  chirurgo e con il suo accento romano ogni tanto ci raccontava con passione la storia di alcune donne, malate di tumore al seno, che lei seguiva.
L'unica toscana del gruppo, ironica e sensibile, è quella che ho conosciuto per prima, grazie a un libro di una scrittrice olandese che le ho prestato. In quel periodo mi ero interessata al tema dell'Alzheimer, perché erano morte da poco la mia cara tia1 Margarita e la madre di U. a causa di quella malattia. Il romanzo raccontava la commovente storia di una donna in difficoltà, sia per i disturbi che le procurava la menopausa, sia per l'Alzheimer che stava annientando lentamente sua madre.
E' stato proprio quel libro a far nascere la nostra amicizia e forse ha un po' consolato la mia amica dal dolore che sente guardando impotente sua madre allontanarsi sempre di più dal mondo. Una sera di fine maggio ci ha detto:
- sapete cosa faceva mia madre quando ieri sono andata a trovarla? Costruiva il presepe e voleva che io pensassi al pranzo di Natale.
La visione di quella donna, mentre preparava con cura le figure del presepe, mi ha procurato molta tenerezza, ma allo stesso tempo ho capito il dolore che provava la mia amica e anche quello che sicuramente sentiva la madre costretta a vivere in un'altra dimensione.
L'appuntamento era al vecchio ristorante vegetariano di Via delle Ruote. Non ci tornavo dall'inizio degli anni '80, l'anno di apertura, quindi ero molto curiosa. Purtroppo non prendevano prenotazione dei tavoli e quando siamo entrate non c'era più posto.
Essendo arrivata al luogo stabilito un po' prima del tempo, ho posteggiato la bicicletta e ho fatto una passeggiata nei dintorni. Sono rimasta colpita, per la sua semplicità e per l'atmosfera rassicurante che emanava, da una piccola trattoria a pochi metri dal ristorante vegetariano, dove non c'era molta gente.
Ho proposto alle amiche di andare a cena da Tiberio, così si chiamava quella trattoria.
La più attiva e forse meno paziente del gruppo era un po' scocciata per quell'imprevisto, non voleva entrare in quel locale  e ci proponeva di andare verso il centro a cercare una pizzeria.
Chissà perché avevo insistito tanto per rimanere in via delle Ruote, convincendo alla fine tutte ad entrare in quella trattoria sconosciuta.
Fin dall'inizio ho percepito un'atmosfera positiva. La notte era tiepida, quindi ci siamo sistemate all'aperto in un ampio cortile. I padroni, marito e moglie, erano gentilissimi e la giovane cameriera molto disponibile. Abbiamo mangiato molto bene. I crostini con pomodori e basilico mi hanno ricordato la bontà di questo semplice piatto mediterraneo, i primi erano fatti con cura con i prodotti di stagione, l'olio sembrava appena uscito dal frantoio e il vino dalla fattoria. Vedevamo passare ogni tanto, verso altri tavoli, dei secondi piatti deliziosi, ma purtroppo non li abbiamo potuto  assaggiare perché eravamo tutte a dieta. Alla fine ci siamo permesse però  un dolce che sicuramente è stata la portata che più ci ha entusiasmato.
Ero così contenta di aver scoperto quella trattoria, che tornando a casa l'ho detto ai miei figli e a U.
Mio figlio ventenne in quel periodo cercava lavoro e sentendo le mie di parole di elogio, l'indomani si è presentato alla trattoria per chiedere se avevano bisogno di un aiuto cuoco.
Lui ha lavorato per più di un anno da Tiberio e ha avuto occasione di conoscere da vicino e collaborare con quelle affabili persone che prepararono i deliziosi piatti per noi.
Con le amiche della palestra abbiamo continuato a frequentarci e la nostra amicizia è cresciuta diventando sempre più salda.
Ricordo una notte, sedute nel cortile della trattoria, quell'amica, che la prima volta era restia ad entrare, dire che quel posto le piaceva davvero, perché si sentiva a proprio agio e insieme a noi quell'atmosfera le dava un sereno senso di pace in quel momento così stressante che stava attraversando nel lavoro.
- Non so come fare ad uscire dal ginepraio in cui mi sono cacciata, ho paura di perdere la causa contro il mio datore di lavoro.
Lei ha molta esperienza nel campo dell'insegnamento ai bambini malati e lotta con tutta se stessa perché siano riconosciuti a questi tutti i diritti, ma non sempre trova risposte giuste, per questo spesso è arrabbiata.
- fai come me, prenditi tre mesi di pausa e parti per una crociera intorno al mondo, disse l'amica austriaca.
Quella tra di noi che viaggia di più è sicuramente lei, perché si ritaglia sempre che può del tempo libero per se stessa, grazie alla sua professione di cantante, ma soprattutto al suo carattere deciso e intraprendente.
Siamo delle cinquantenni proprio diverse, pensai quella sera.
Sono passati più di due anni dalla nostra prima cena da Tiberio, ci sono stati dei cambiamenti nella vita di alcune di noi e non sempre riusciamo ad andare in palestra insieme, ma circa una volta al mese, ci vediamo per un tè o un aperitivo e quando abbiamo più tempo o vogliamo festeggiare qualcosa, ritorniamo nella nostra piccola trattoria: quella che ci ha portato tanta fortuna.


1 zia